Quale futuro per le aree interne trentine?
Negli ultimi mesi, ciclicamente, sui quotidiani locali compaio contributi che sembrano richiamarsi vicendevolmente interrogandosi da una parte su come la scarsità di risorse naturali e di suolo rendesse oggi necessario il ripensare al molto patrimonio edilizio sottoutilizzato che insiste sui luoghi di buona parte della penisola italiana; dall’altra, esortando a guardare modelli di sviluppo turistico più partecipati e che prevedano un forte coinvolgimento dei territori.
L’Italia è un paese fatto di piccoli borghi: luoghi delle aree interne con enormi potenzialità di narrazione e di accoglienza, ma che fanno fatica a ritrovare una connotazione e una strada di sviluppo nel mondo contemporaneo.
Un patrimonio territoriale e di comunità oggi da riscoprire e valorizzare. Un patrimonio immobiliare però che pesa sul territorio in tema di consumo di suolo, impatto energetico ma anche sociale.
A questa ambivalenza vuole rispondere il nostro progetto Ospitar, attivo principalmente sul nostro territorio, ma che oggi si
rivolge anche al contesto nazionale. Ospitar trova il suo punto di partenza nell’interlocuzione con pubbliche amministrazioni e/o enti locali che, proprio di fronte ad una realtà in disgregazione decidono di trovare una soluzione concreta.
Un’iniziativa quindi di “rigenerazione territoriale” che risponda all’esigenza di ridare vitalità ai luoghi e contrastare fenomeni di abbandono, vera minaccia di morte per le aree interne e spesso causa della scarsa attrattività di questi ambiti. Perché a fianco del progressivo spopolamento e invecchiamento della cittadinanza , va di pari passo la chiusura di piccole imprenditorialità locali, di momenti di svago e incontro sociale, di servizi di base.
Ospitar, attraverso lo sviluppo di un sistema di ospitalità diffusa, punta a riattivare una frequentazione di questi luoghi mettendo a servizio della fruizione temporanea parte del patrimonio di seconde case presenti, con l’obiettivo non solo di attivare un processo di rigenerazione di queste, ma soprattutto offrendo la possibilità di stare in un luogo dal grande potenziale attrattivo e di scoperta del territorio (sentieri, piccole realtà imprenditoriali con attenzione al territorio, comunità accoglienti, scoperta di luoghi poco conosciuti). E contemporaneamente, attraverso una maggior frequentazione degli ambiti interni, di ri-attivare reti locali di accoglienza e produzione, creando nuove opportunità (anche imprenditoriali) a livello locale.
Si parla di ospitalità diffusa, un sistema dove diversi sono i protagonisti e le soluzioni progettuali che si calano nel contesto locale partendo da una profonda analisi dell’ambiente e della composizione del patrimonio edilizio e dei suoi proprietari.
Proprio i proprietari sono i principali interlocutori: perché da un lato è fondamentale che tutto il territorio partecipi alla costruzione di un sistema di accoglienza, ma contemporaneamente è una condizione necessaria la collaborazione e l’adesione dei proprietari con i propri immobili.
Con una modalità di coinvolgimento diretto, fatto di personale qualificato, Ospitar spinge il territorio a rendersi accogliente e a farsi conoscere ai possibili visitatori al fine di portarli a scoprire l’autenticità dei luoghi, ad entrare in contatto con la comunità locale. Punto fondamentale per creare uno sviluppo sostenibile, attento alle esigenze della collettività e che sappia trasmettere una narrazione reale e di esperienza, la cui domanda a livello turistico è in continua crescita.
Ospitar agisce con attenzione e sensibilità, al fine di creare un modello di sviluppo compatibile con le diverse fragilità (e specificità). Consci infatti dell’effetto l’overtourism, ossia uno sfruttamento turistico senza limiti e non regolamentato in mano a piattaforme diversificate (le cosiddette OTA – Online Travel Agency) capace di diventare più un problema che un’opportunità, Ospitar porta con sé un approccio che, fin dal principio, è attento a creare un “giusto” sistema di supporto allo sviluppo turistico, ben sapendo che si tratta di uno strumento da maneggiare con cura e che in ogni caso, per evitare speculazioni, deve essere utilizzato solamente in quei comuni e nelle zone in cui non esiste un reale problema abitativo (in termini di potenziale offerta immobiliare) e dove il patrimonio immobiliare deve ritornare risorsa per tutta la collettività, anche in previsione di uno sfruttamento futuro diverso, vicino alle esigenze locali, anche residenziali.